domenica 20 dicembre 2020

Dal 2021 'super-farmaci' che dimezzano colesterolo Cardiologi, "Ogni anno potranno salvare 10.000 vite in Italia"

 

In Italia, ogni anno, per malattie cardiovascolari muoiono più 224.000 persone: di queste, poco meno di 50.000 sono imputabili al mancato controllo del colesterolo. Su oltre un milione di pazienti più ad alto rischio, più di 8 su 10 hanno valori di colesterolo superiori a quelli delle linee guida europee. Un problema sanitario che rischia di aggravarsi anche per i controlli di routine saltati a causa della pandemia di Covid-19 ma che potrebbe ridursi grazie all'arrivo di farmaci innovativi, in grado di controllare i livelli di colesterolo troppo alti anche nei pazienti che non riescono a farlo con le statine. È quanto emerge dal congresso della Sic, la Società italiana di cardiologia, nel corso del quale sono state annunciate le due nuove molecole che saranno disponibili in Italia già dal 2021 grazie alla loro efficacia registrata in due studi già pubblicati sul New England Journal of Medicine. Un farmaco, infatti, basato su piccoli Rna interferenti, determina la riduzione del 54% del colesterolo Ldl (noto come quello 'cattivo') grazie a due iniezioni sottocutanee l'anno e non porta alcun effetto collaterale su fegato e reni.

    L'altro è l'acido bempedoico, che riduce di circa il 20% l'Ldl senza portare dolori muscolari come invece possono fare le statine. Questi farmaci, attraverso l'inibizione dell'Rna che l'attiva, bloccano la produzione di Pcsk9, una proteina implicata nel trasporto e nella distruzione dei recettori per il colesterolo sulla superficie delle cellule epatiche. "La riduzione di livelli di colesterolo nel sangue nei pazienti ad alto rischio è un importante obiettivo di salute pubblica che in futuro potrebbe consentire di ridurre la mortalità per eventi cardiovascolari salvando 10.000 vite", spiegano Ciro Indolfi, presidente Sic, e Pasquale Perrone Filardi, presidente eletto Sic. "Il colesterolo rappresenta uno tra i più importanti fattori di rischio cardiovascolare, responsabile di 47.000 decessi l'anno con una spesa sanitaria che arriva a 16 miliardi di euro per costi diretti e indiretti. Tenere più basso il livello di colesterolo 'cattivo' fa ridurre i rischi di infarto e ictus e la conseguente mortalità", commenta Indolfi. Per Perrone Filardi, "più di un milione di italiani sono a rischio altissimo di eventi cardiovascolari di questi solo il 20% raggiunge gli obiettivi raccomandati dalle linee guida internazionali che hanno abbassato i valori di riferimento al di sotto 55 mg/dl". 

mercoledì 16 dicembre 2020

Vaccino Covid, via libera al piano: si parte a inizio gennaio Arcuri invierà alle regioni una sorta di 'libretto delle istruzioni' ed entro la settimana tutte le indicazioni per la procedura di somministrazione

 


La Conferenza Stato-Regioni ha dato il via libera al piano vaccini presentato dal Commissario per l'emergenza Domenico Arcuri e nei primi giorni di gennaio partirà la vaccinazione di massa. Secondo quanto si apprende, oggi stesso il Commissario invierà alle regioni una sorta di 'libretto delle istruzioni' per il vaccino ed entro la settimana tutte le indicazioni per la procedura di somministrazione. Verranno consegnate il 90% delle richieste di dosi avanzata dalle Regioni e questo perché è stato stimato che non si vaccinerà il 100% del personale sanitario previsto. La campagna di vaccinazione in Italia partirà con le prime 1.833.975 dosi di vaccino anti Covid 19 che verranno distribuite da Pfizer e inviate alle Regioni, annuncia l'ufficio del commissario Domenico Arcuri. Dopo il Vaccine Day europeo, prima della fine dell'anno, con vaccinazioni simboliche in diversi Paesi, "verrà avviata la prima sessione della vaccinazione di massa, destinata alle categorie che il Governo e il Parlamento hanno stabilito essere prioritarie -si legge in una nota -: operatori sanitari e sociosanitari, personale operante nei presidi ospedalieri, pubblici e privati, ospiti e personale delle residenze per anziani". I primi italiani saranno vaccinati contro il Covid già subito dopo Natale e prima dell'inizio del 2021 se l'Ema nella riunione in programma il 21 dicembre darà il via libera al farmaco della Pfizer. E' questo, secondo quanto si apprende, l'ultimo timing emerso nel corso della riunione tra il governo e le Regioni che ha dato il via libera al piano dei vaccini e che domani sarà sottoposto formalmente alla Conferenza Stato-Regioni. Nelle prossime ore verrà definito il numero di persone alle quali somministrare il vaccino nel giorno simbolico, lo stesso in tutta Europa, sulla base delle quantità che Pfizer sarà in grado di consegnare. 

domenica 13 dicembre 2020

Al Moscati e al Frangipane i vaccini anti-Covid per l’Irpinia. Prime 5.000 dosi il 15 gennaio L'annuncio della Direttrice sanitaria dell'Asl di Avellino, Elvira Bianco, al congresso virtuale della Società Italiana di Medicina Generale. Ieri pomeriggio confronto tra Regioni e Ministri sul piano nazionale: dal 6 gennaio prime immunizzazione in Italia

 Al Moscati e al Frangipane i vaccini anti-Covid per l’Irpinia. Le prime 5.000 dosi saranno disponibili il 15 gennaio ad Avellino e ad Ariano Irpino. Lo ha annunciato la direttrice sanitaria dell’Asl di Avellino, Elvira Bianco, al congresso virtuale della Società Italiana di Medicina Generale. Gli operatori sanitari della provincia di Avellino, così come quelli di tutto il territorio regionale, sono a lavoro per organizzare la campagna di vaccinazione, già nella prima decade di gennaio. Il 12 gennaio infatti è prevista la prima esercitazione per verificare la celerità del sistema costruito in queste settimane. La direzione sanitaria dell’Asl sta lavorando anche per assicurare la catena del freddo che dovrà supportare le operazioni. L’azienda ospedaliera Moscati di Avellino e l’ospedale Frangipane di Ariano Irpino sono stati individuati come centri di stoccaggio del vaccino, ma saranno anche i presidi che si occuperanno della somministrazione.

sabato 12 dicembre 2020

Covid, Speranza: 'A gennaio parte la vaccinazione'. Vertice governo-Regioni sul Piano Il 29 dicembre l'Ema darà il via libera al vaccini Pfizer. 'Mi auguro in un'unica data per il via alle vaccinazioni in tutta l'Ue' ha chiesto il ministro. Rezza: 'Non è che da gennaio risolveremo tutti i problemi'

 Un vertice tra Governo e Regioni si terrà nel pomeriggio affinché ogni Regione fornisca in "tempi rapidissimi" il numero dei primi soggetti che dovranno essere vaccinati. Lo ha detto il ministro degli Affari Regionali Francesco Boccia a SkyTg24 dopo aver convocato la riunione alla quale parteciperanno il ministro della Salute Roberto Speranza e il commissario per l'emergenza Domenico Arcuri. Il ministro Speranza, ha detto, "intende accelerare e credo che la leale collaborazione con le regioni consentirà a Arcuri di distribuire i vaccini a gennaio, probabilmente anche in tempi più rapidi di quelli che erano stati previsti".

Il ministro della Salute Roberto Speranta infatti durante la presentazione del libro PHOTOANSA 2020 ha illustrato i prossimi step della campagna di vaccinazione. 

"Gennaio sara' il mese delle vaccinazione e spero che si possa partire in contemporanea in tutta Europa" ha detto. "Il 29 Ema dara' il via al vaccino Pfizer e da quel giorno l'Aifa e l'Italia saranno pronte a partire". "Spero - ha aggiunto - che in Europa si scelga tutti lo stesso giorno. E questa e' una proposta che l'Italia ha fatto". "Massimo rigore e massima sicurezza - ha concluso Speranza - il cuore delle vaccinazioni sara' primavera estate, volontaria e sicura". "Non dobbiamo mettere la polvere sotto il tappeto, ma poi subito al lavoro" ha dichiarato il ministro della salute durante la presentazione del libro PHOTOANSA.

"Affrontiamo i nodi a viso aperto - ha aggiunto - e se ci sono tensioni affrontiamole in questa maggioranza e nel perimetro di questo Governo. Non dobbiamo certo mettere da parte problemi e tensioni ma poi - ha concluso - concentriamoci su tre grandi sfide che ci aspettano: la campagna vaccinale, l'utilizzo intelligente del Recovery fund e la guida del G20". "Sono preoccupato per le due settimane delle feste natalizie". Lo ha detto il ministro della salute Roberto Speranza nel Forum all'Ansa. "Se passa il messaggio liberi tutti- ha aggiunto il ministro - si ripiomba in una fase pericolosa a gennaio e febbraio quando saremo in piena campagna vaccinale". "La mia linea e', e resta, quella della prudenza e ribadisco con forza - ha concluso - la necessita' di non vanificare i sacrifici fatti".

"Non è che da gennaio e febbraio risolveremo tutti i problemi ci dobbiamo mettere in testa che durante tutto questo periodo dobbiamo avere comportamenti adeguati e questo è il motivo per cui facciamo anche un appello: sotto le feste stiamo molto attenti perchè la circolazione virale può riprendere quando i comportamenti cambiano e diventano tali da favorire la ripresa di questa circolazione". Così il direttore della Prevenzione del ministero della Salute, Gianni Rezza, alla conferenza stampa sull'analisi della situazione epidemiologica organizzata al dicastero.

L'ultimo saluto a Paolo Rossi, i ragazzi dell'82 portano il feretro nel Duomo Il discorso di Cabrini commosso: "Mi manchi, non ti lascerò andare"

 Marco Tardelli, Giancarlo Antognoni, Antonio Cabrini e Fulvio Collovati, ex compagni di nazionale di Paolo Rossi nella vittoria del Mondale '82, sono tra coloro che hanno portato il feretro di Paolo Rossi nella cattedrale di Vicenza per la cerimonia funebre. All'esterno i cori della gente ad intonare 'Paolo, Paolo...'.

Numerose le persone che hanno voluto portare l'ultimo saluto al campione. Il presidente della Figc, Gravina, ha deposto una maglia azzurra della nazionale italiana con il n.20 sul feretro.

Antonio Cabrini commosso ha quindi salutato Paolo Rossi, suo ex compagno non solo di nazionale ma anche nella Juventus: "Ho perso non solo un amico, ma un fratello. Quante emozioni abbiamo condiviso. Hanno stravolto la nostra vita. Siamo stati parte di un gruppo, di 'quel gruppo'. Pensavo che avremmo camminato insieme ancora a lungo. Già mi manchi, mi mancano i tuoi scherzi, le tue parole di conforto, le nostre liti ed il tuo sorriso - ha proseguito - Sono quelli come te che rendono bella l'amicizia. Non ti lascerò andare. Sarai sempre dentro di me, ti prometto di stare vicino a Federica ed ai tuoi figli, ma tu resta vicino a me".

"La morte di Paolo mi ha colpito perché non sapevo della sua malattia e quindi è stato un fulmine a ciel sereno. Lui ha rappresentato il calcio italiano, non ha uguali in assoluto". Paolo Maldini ricorda così Paolo Rossi, prima che cominci la cerimonia funebre al Duomo di Vicenza. "Paolo Rossi era solo lui e io ho avuto la fortuna di giocarci insieme al Milan, lui a fine carriera e io giovanissimo" ha aggiunto Maldini.

E' tornato a Vicenza, la città che lo lanciò nel calcio che conta, Paolo Rossi per la sua ultima partita. E' il cuore bianco-rosso, quello del 'Lanerossi' che lui riportò in serie A, è tornato forte come negli anni '70. Tra Pablito e la città del Palladio un amore che non si è mai interrotto. I vicentini l'hanno dimostrato nel momento più difficile: mettendosi in fila a centinaia, a migliaia, per attendere il proprio turno, al freddo e fino a che ha fatto buio, per salutare nel mitico stadio 'Menti' il feretro in noce chiaro con la salma del campione del Mundial dell'82. Lutto cittadino, e lo sarà anche oggi - così come a Prato, che ha dato i natali a Rossi - per i funerali del calciatore che fece felice l'Italia.

Nel primo pomeriggio di ieri si contavano già oltre 1.500 persone, su una fila che ha raggiunto il chilometro di lunghezza, per accedere sul prato del 'Menti', dove è stata allestita la camera ardente. A fine serata la stima era arrivata a 3.500-4.000. "Arrivò a Vicenza quasi come uno sconosciuto - ha commentato Antonio, un anziano tifoso - al punto che i quotidiani sportivi nazionali lo avevano inserito tra le riserve. Ma ci mise poco a conquistare il posto in squadra e a diventare un protagonista".

"Sembrava uno studente liceale tanto era giovane - ha ricordato il signor Giovanni, che lo vedeva far colazione negli anni '70 nel bar sotto casa - e anche allora era sempre sorridente e felice". La bara è stata sistemata all'uscita degli spogliatoi, sotto la tribuna centrale. Subito è stata sommersa di fiori e di maglie biancorosse con il numero 9. In mattinata, invece, erano apparsi numerosissimi in città striscioni bianchi con la scritta 'Rossi Gol', ricordo di un vecchio slogan che comparve al 'Menti' nella stagione 1976-1977, in serie B, quando le reti a ripetizione dell'allora sconosciuto Paolo Rossi portarono la squadra veneta in serie A. Manifesti che sono stati appesi alle finestre, sui balconi, sugli alberi.

Tra i tanti giunti a Vicenza per l'ultimo saluto, Marco Tardelli, che si è trattenuto a lungo davanti alla bara con Federica Cappelletti, la moglie di Rossi, e le loro due figlie, e il tecnico della Fiorentina, Cesare Prandelli. "Per me è un amico, un amico sincero: non riesco a trovare le parole, non l'ho ancora accettato" ha detto l'ex selezionatore azzurro. Che poi, commentando la fila di gente fuori dello stadio, ha aggiunto: "E' la testimonianza di come ha vissuto Paolo la propria professione, e la gente viene a salutare Paolo, non il calciatore. E' riuscito come pochi al mondo a riprendersi da momenti sempre difficili ricordando i valori dell'amicizia. Non è mai stato un personaggio, lo è diventato perché nel calcio ha fatto quello che ha fatto. Come persona è sempre stato di grande umanità e sensibilità".


A Vicenza stanno già pensando di dedicargli il Viale che porta allo stadio. Prima dell'apertura della camera ardente, era arrivata anche la prima moglie di Rossi, Simonetta Rizzato, con il figlio Alessandro. La Lega Serie A e tutte le società ricorderanno e renderanno omaggio a Paolo Rossi attraverso una serie di iniziative in occasione del prossimo turno di campionato. I calciatori scenderanno in campo con il lutto al braccio e prima del calcio d'inizio di ogni partita sarà osservato un minuto di raccoglimento, al termine del quale sarà diffuso un audio storico che ricorderà le gesta dell'ex attaccante al Mondiale del 1982. Stasera la camera ardente rimarrà aperta ben oltre l'orario previsto (le 20) per permettere a chi è in coda di dare un saluto al campione. I tifosi della curva sud, quella degli ultras biancorossi, faranno una fiaccolata silenziosa per accompagnare lungo Viale dello Stadio la macchina con la salma di Pablito.

martedì 8 dicembre 2020

Vaccino in GB, chi è Margaret Keenan, la 90enne prima vaccinata in Occidente


 Novantuno anni la prossima settimana, una figlia e 4 nipoti. Margaret Keenan di Enniskillen, ex commessa in una gioielleria dell'Irlanda del Nord, è diventata la prima persona in Occidente a ricevere il vaccino Pfizer/BioNTech contro il Covid-19. Gli è stato somministrato allo University Hospital di Coventry alle 6:30 ora locale, le 7:30 in Italia.La signora Keenan, originaria di Enniskillen, riceverà la seconda dose tra 3 settimane. «Mi sento così privilegiata ad essere la prima persona vaccinata contro il Covid 19, è il miglior regalo di compleanno che potessi aspettarmi. Potrò passare del tempo con i miei familiari e con i miei amici nel nuovo anno, dopo aver passato da sola gran parte del 2020», ha dichiarato la signora, che ha una figlia e 4 nipoti.Ha vissuto in isolamento gran parte dell'anno e ora progetta di trascorrere il Natale in una piccola 'bollà familiare. Ad eseguire l'iniezione è stata l'infermiera May Parsons. «Non posso ringraziare abbastanza May e lo staff del servizio sanitario nazionale che si sono presi cura di me in maniera splendida. Se posso dare un consiglio a chiunque abbia la possibilità di vaccinarsi, dico di farlo: se posso vaccinarmi io a 90 anni, potete farlo anche voi», ha aggiunto Keenan.




mercoledì 2 dicembre 2020

Il Cassanese l'eco dell'Irpinia da domani 03.dicembre 2020 è in distribuzione

 

A Montella l’albergo Covid gestito dall’Asl con 41 posti letto. Domani l’inaugurazione Domani 3 dicembre sarà inaugurata la struttura ricavata nello stabile di San Francesco a Folloni. Servirà l'intera provincia per ospitare asintomatici e pazienti in attesa del tampone di accertata guarigione

 Sarà inaugurato domani a Montella l’albergo Covid gestito dall’Asl con 41 posti letto. Alle ore 10.30 si terrà l’inaugurazione del Covid Residence, situato nell’area attigua al Convento di San Francesco a Folloni. Per l’occasione saranno presenti il Direttore Generale dell’Asl di Avellino, Maria Morgante, il sindaco di Montella, Rizieri Buonopane, e il responsabile del Complesso Conventuale di San Francesco a Folloni, Padre Paolo Galante. La struttura, individuata nel Comune di Montella e dotata di 41 posti, accoglierà i pazienti COVID positivi asintomatici e/o clinicamente guariti, autosufficienti e pazienti positivi che, per le condizioni socio-abitative, risultano impossibilitati a permanere nel proprio domicilio in sicurezza. Agli ospiti della struttura ricettiva verrà garantita l’assistenza tramite operatori socio sanitari e personale infermieristico, quindi monitoraggio clinico da parte dei medici USCA, che effettueranno controlli periodici e somministreranno i tamponi di controllo. La struttura alberghiera supporterà su base provinciale gli ospedali impegnati sul fronte medico dell’emergenza sanitaria.

A Montella l’albergo Covid gestito dall’Asl con 41 posti letto

Il progetto vede la collaborazione tra Comune di Montella e l’Asl di Avellino. La struttura sarà utilizzata per fronteggiare l’Emergenza sanitaria in Irpinia alleggerendo la pressione sulle strutture ospedaliere. A Montella l’albergo Covid con 41 posti letto viene reso operativo in una struttura a norma, che ha ottenuto il nulla osta dell’Azienda Sanitaria per gli ampi spazi dell’immobile. «L’Azienda Sanitaria Locale amministrerà completamente i locali e i servizi: sanitario, mensa, pulizia e lavanderia», ha spiegato il Sindaco Buonopane. «Il Comune di Montella si rivela sempre più protagonista nella lotta al Covid-19», sottolinea il primo cittadino, ricordando che «la struttura è stata concessa a titolo gratuito all’Asl di Avellino a beneficio dell’intero comprensorio provinciale», si legge in una nota.

A Montella l’albergo Covid gestito dall’Asl con 41 posti letto. Nella foto una camera doppia

«Ancora una volta il Comune di Montella con spirito di solidarietà mette a disposizione un polo residenziale di ultima generazione che negli anni ha avuto vari utilizzi. Già nel mese di marzo all’inizio di questa pandemia, avevamo proposto di utilizzarla per l’emergenza sanitaria», ricorda Buonopane. «È sicuramente una occasione di collaborazione per l’intero territorio che dà anche una speranza di solidarietà. Sarà una struttura che servirà nel tempo ed il Comune di Montella la lascia a disposizione per tutto il tempo necessario. Mi sento di ringraziare innanzitutto i Frati Francescani, soprattutto Padre Paolo Galante responsabile del Convento di San Francesco e la Dottoressa Maria Morgante che ha accolto la nostra ulteriore proposta, dopo l’avvio del servizio per effettuare i tamponi in Drive In».


mercoledì 25 novembre 2020

È morto Maradona. Incantò il mondo con il suo "Pibe de oro" I media: "Un arresto cardiaco". Nel 1986 guidò l'Argentina sul tetto del mondo, fece sognare Napoli con due scudetti

 

Il calcio perde uno dei più grandi campioni di tutti i tempi. Diego Armando Maradona si è spento all'età di 60 anni dopo un arresto cardiorespiratorio che lo ha colto nella sua abitazione di tigre e gli è stato fatale. La notizia è stata diffusa dai media argentini e in particolare il quotidiano Clarin. Dieci giorni fa era stato dimesso dopo un delicato intervento per la rimozione di un coagulo di sangue alla testa.

 

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Pochi giocatori di calcio sono stati in grado di vincere da soli, trascinando la propria squadra alla vetta: Maradona ci riuscì con il Napoli e con l'Argentina, senza nulla togliere ai suoi compagni di squadra, alcuni dei quali molto bravi, e agli allenatori. Diego vinse due scudetti, all'ombra del Vesuvio, e portò l'Albiceleste sul tetto del mondo incantando con le sue giocate strepitose e persino con il suo diabolico gol di mano contro l'Inghilterra nel 1986. Per anni si è discusso su chi fosse stato il più grande di tutti, lui o Pelè? Non esiste una risposta certa ma solo indizi. E l'indizio più importante è questo: Diego giocò (e vinse) anche in Europa, Pelè segnò tantissimo e vinse ma rimase sempre nel suo Brasile, nonostante qualcuno (l'Inter) avesse provato a portarlo in Italia.

https://www.ilgiornale.it/sites/all/themes/ilgiornaledefault05/img/v4_ico_video_gallery.png Maradona torna in campo all'età di 54 anni

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El Pibe de oro, come lo chiamavano con affetto nella sua Argentina, ha lasciato un segno in tutto il mondo. Le sue prodezze col fatato piede sinistro, le micidiali punizioni e la capacità di ribaltare le situazioni, tirando fuori dal cilindro le giocate più impensate, lo pongono nell'Olimpo del football. Nella sua vita Diego ha alternato diversi alti e bassi: tra i gol e i successi più strabilianti, alla squalifica per doping, la ripresa e un nuovo exploit con la Nazionale ai Mondiali Usa del 1994 e la nuova squalifica, sempre per lo stesso motivo. L’alcol e la droga l'hanno accompagnato per diversi anni, portandolo in più di un'occasione tra la vita e la morte.

"Sogno di poter segnare un altro gol contro gli inglesi, stavolta con la mano destra!", raccontò perfidamente in un’intervista a France Football descrivendo quale sarebbe stato il regalo perfetto. Una battuta ma non solo: la voglia mai sopita di tornare a calcare l'erba verde di un campo da gioco e di riuscire a incantare tutti, come solo lui sapeva fare con le sue giocate.

Nato a Lanus il 30 ottobre 1960, Diego crebbe a Villa Fiorito, zona poco raccomandabile di Buenos Aires. Cominciò a giocare per strada, col pallone regalatogli dal cugino Beto, e nei campetti sterrati, mostrando subito doti non comuni. Tra la polvere e le baracche il piccolo Diego si conquistò il rispetto dei compagni, dribbling dopo dribbling, rete dopo rete. "Non avevamo la tv e a casa lavorava solo mio padre. Speravo sempre che potesse prendere un pallone e giocare con me, ma non poteva, si alzava alle quattro per andare in fabbrica. E dormivamo tutti nella stessa stanza, non avevamo spazio per vivere liberi", raccontò a Maurizio Costanzo nel 2017. "Non ho avuto giocattoli ma amore. Ero il quinto dei fratelli: eravamo in 10 a mangiare". La prima grande occasione arriva grazie alle "Cebollitas" (cipolline), le giovanili dell’Argentinos Junior allenati da Francisco Cornejo, un grande scopritore di talenti. Non credevano che avesse solo dieci anni e gli chiesero un documento, ma lui il giorno del provino non lo aveva portato con sé. A undici anni durante l’intervallo di una partita dell'Argentinos si mise a palleggiare in mezzo al campo e, il giorno dopo, il quotidiano El Clarín in un articolo parlò di un giovane fenomeno chiamato "Diego Armando Caradona". Sbagliarono una lettera ma capirono subito che quello sarebbe diventato un fenomeno.

A soli sedici anni diventa professionista e, dopo poche apparizioni, trova un posto da titolare. Due anni dopo è capocannoniere con 22 gol. Nel 1979 e nel 1980 vince il Pallone d'Oro sudamericano e nel 1981 passa al Boca Juniors, antichissimo club fondato dagli emigranti genovesi. Lo stadio del Boca, la Bombonera, è il nuovo teatro dove si ebibisce Diego. Fa 28 gol in 40 partite ma il club ha bisogno di soldi e non resiste ai 12 miliardi offerti dal Barcellona. A dire il vero, come raccontò lo stesso Diego, fu a un passo dalla Juve: "Mi contattarono tramite Omar Sivori. Ma io ero troppo piccolo e non volevo lasciare l’Argentina. Poi l’avvocato Agnelli aveva un grosso problema con la Fiat. Portare un giocatore costoso come me poteva far restare male tutti gli operai". In Catalogna Maradona fa vedere grandi cose, intervallate dagli infortuni, frequenti a causa del trattamento a cui viene sottoposto dai difensori. Pur essendo un fuoriclasse non sboccia mai l'amore con il Barça e i suoi tifosi. Nel 1984 il Napoli dell'ingegner Corrado Ferlaino lo ingaggiò per 13 miliardi e mezzo di lire (con l'aiuto di un pool di banche e del sindaco Dc Vincenzo Scotti). Il suo ingresso allo stadio San Paolo fu una festa maestosa: ottantamila persone pagarono mille lire ciascuna solo per vederlo. Con il Napoli Maradona vincerà due scudetti, una Coppa Italia e una Coppa Uefa.

https://www.ilgiornale.it/sites/all/themes/ilgiornaledefault05/img/v4_ico_video_gallery.png L'abbraccio fra Papa Francesco e Maradona

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Nei campionati del mondo disputatisi in Messico, nel 1986, Diego letteralmente trascinò i suoi compagni sul tetto del mondo con 5 gol e cinque assist. Nelle sette partite l'Argentina vinse sempre, tranne una volta (1-1 con l'Italia). Nei quarti di finale contro l'Inghilterra due gol: il primo passò alla storia come "la mano de Dios", con il pallone buttato in rete con il pugno; il secondo, invece, fu definito "il gol del secolo", con una serie impressionante di dribbling e giocatori scartati, dal centrocampo fino alla porta, e la palla messa in rete. Altri due gol in semifinale contro il Belgio e, nella finale contro la Germania, l'assist per il decisivo 3-2 messo a segno da Burruchaga.

Quattro anni dopo con i Mondiali in Italia l'Argentina arrivò di nuovo in finale, stavolta perdendo contro la Germania. Prima della partita, che si giocò allo stadio Olimpico di Roma, al coro di fischi piovuti dagli spalti Maradona rispose esclamando "hijos de puta" a favore di telecamere. La profonda avversità italiana nei suoi confronti era nata perché nella semifinale di Napoli contro l'Italia Diego era stato abile nel portare gran parte dei tifosi dalla sua parte. La partita finì 1-1 e si risolse ai rigori a favore dell'Argentina, ma tanto rammarico lasciò qualle Nazionale azzurra di Vicini, a detta di molti la più forte di tutti in quell'edizione dei Mondiali.

https://www.ilgiornale.it/sites/all/themes/ilgiornaledefault05/img/v4_ico_video_gallery.png Maradona a Napoli: pugno sul cuore per salutare il suo popolo

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Ma torniamo a Maradona. Se avesse avuto una vita più "regolare" o, come diremmo oggi, più da professionista, probabilmente Diego avrebbe potuto calcare i campi diversi anni in più e vincere ancora altri trofei. Ma gli eccessi e l'eterna difficoltà nel gestire i rapporti con chi gli stava intorno facevano parte, nel bene e nel male, della sua vita. Un Diego "normale" forse non sarebbe mai arrivato dov'è stato in grado di arrivare.

 



venerdì 20 novembre 2020

Sant'Angelo dei Lombardi. Foto inedite dopo il sisma Irpinia 23.11.1980

 Nessuno articolo, le immagini pubblicate parlano da sole



















Riproduzione vietata; proprietà del "Il Cassanese l'eco dell'Irpinia" Foto scattate da Alvino Mario il 30.11.1980

martedì 17 novembre 2020

La requisitoria di Pertini Denunciò il ritardo dei soccorsi, fu slancio per la moderna protezione civile






Il terremoto di magnitudo 6.9 che 40 anni fa, il 23 novembre 1980, colpì l'Irpinia e la Basilicata, provocando oltre tremila morti, costituì un punto di svolta nell'organizzazione di un sistema di protezione civile in Italia.

Fu la "requisitoria" dell'allora presidente della Repubblica Sandro Pertini - che parlò in televisione dopo aver verificato di persona, tra le macerie, l'inefficienza dello Stato nell'organizzazione dei soccorsi - che segnò un'inversione di tendenza e determinò in pochi mesi l'elaborazione di un sistema di cooperazione tra Stato, Regioni ed enti locali sul quale si fonda oggi la struttura della Protezione Civile nazionale.

"Italiane e italiani - disse con voce severa Pertini quattro giorni dopo il terremoto - sono tornato ieri sera dalle zone devastate dalla tremenda catastrofe sismica. Ho assistito a degli spettacoli che mai dimenticherò. Interi paesi rasi al suolo; la disperazione poi dei sopravvissuti vivrà nel mio animo".

Pertini denunciò che "a distanza di 48 ore" dal sisma "non erano ancora giunti in quei paesi gli aiuti necessari", mentre "ancora dalle macerie si levavano gemiti, grida di disperazione di sepolti vivi". Pertini ricordò che nel 1970 in Parlamento furono votate leggi riguardanti le calamità naturali. "Vengo a sapere adesso - disse - che non sono stati attuati i regolamenti di esecuzione di queste leggi. E mi chiedo: se questi centri di soccorso immediati sono stati istituiti, perche' non hanno funzionato? Perche' a distanza di 48 ore non si è fatta sentire la loro presenza in queste zone devastate?". Il Capo dello Stato raccontò il dramma di bambini rimasti orfani, di superstiti che avevano perso le loro case, e ribadì con fermezza: "Vi sono state delle mancanze gravi, non vi è dubbio, e quindi chi ha mancato deve essere colpito, come è stato colpito il prefetto di Avellino, che è stato rimosso giustamente dalla sua carica. Adesso non si può pensare soltanto ad inviare tende in quelle zone. Sta piovendo, si avvicina l'inverno, e con l' inverno il freddo. E quindi è assurdo pensare di ricoverare, pensare di far passare l'inverno ai superstiti sotto queste tende. Bisogna pensare a ricoverarli in alloggi questi superstiti. E poi bisogna pensare a una casa per loro".

Al riguardo Pertini ricordò il terremoto del Belice del 1968 e un colloquio avuto qualche tempo prima a Palermo: "Venne il parroco di Santa Ninfa con i suoi concittadini - disse Pertini - a lamentare questo: che a distanza di 13 anni nel Belice non sono state ancora costruite le case promesse. I terremotati vivono ancora in baracche: eppure allora fu stanziato il denaro necessario. Le somme necessarie furono stanziate. Mi chiedo: dove è andato a finire questo denaro? Chi è che ha speculato su questa disgrazia del Belice? E se vi è qualcuno che ha speculato, io chiedo: costui è in carcere, come dovrebbe essere in carcere? Perche' l' infamia maggiore, per me, è quella di speculare sulle disgrazie altrui. Quindi, non si ripeta, per carità, quanto e' avvenuto nel Belice, perché sarebbe un affronto non solo alle vittime di questo disastro sismico, ma sarebbe un'offesa che toccherebbe la coscienza di tutti gli italiani, della nazione intera e della mia prima di tutto. Quindi si provveda seriamente, si veda di dare a costoro al più presto, a tutte le famiglie, una casa".

Pertini tornò poi sui ritardi normativi, e disse: "Non vi è bisogno di nuove leggi, la legge esiste. Si applichi questa legge e si dia vita a questi regolamenti di esecuzione" (che furono approvati circa tre mesi dopo, nel febbraio 1981). E ribadì: "Si cerchi subito di portare soccorsi ai superstiti e di ricoverarli non in tende ma in alloggi dove possano passare l'inverno e attendere che sia risolta la loro situazione. Perché un appello voglio rivolgere a voi, italiane e italiani, senza retorica, un appello che sorge dal mio cuore, di un uomo che ha assistito a tante tragedie, a degli spettacoli, che mai dimenticherà, di dolore e di disperazione in quei paesi. A tutte le italiane e gli italiani: qui non c'entra la politica, qui c'entra la solidarietà umana, tutte le italiane e gli italiani devono mobilitarsi per andare in aiuto a questi fratelli colpiti da questa nuova sciagura.
    Perche', credetemi - concluse il Capo dello Stato - il modo migliore di ricordare i morti è quello di pensare ai vivi".

Irpinia, Wojtyla tra le macerie

 "Arriva il Papa. Arriva il Papa".

La voce si diffuse rapidamente, ma Balvano, con le sue ferite ancora troppo vive, sembrava insensibile a quella visita. Sono passati 40 anni da quel 25 novembre 1980: due sere prima, alle 19.34 del 23 novembre, la furia del terremoto abbattutasi sul paese aveva fatto 77 morti, messi in fila nel cortile dell'asilo comunale, in attesa di sepoltura quando sarebbe stato possibile.

    Il soffitto della Chiesa, venuto giù mentre si celebrava la messa serale, aveva ucciso una sessantina di bambini.
    Tra le macerie di un paese quasi raso al suolo, Pierangelo Piegari, giornalista della Rai (morto il 23 settembre 2015), attendeva l'arrivo di Giovanni Paolo II, pellegrino tra i superstiti per portare una parola di conforto.

    Quel 25 novembre di 40 anni fa - raccontò Piegari all'ANSA qualche tempo prima di morire - il giornalista aveva già pronta una domanda: "Santità, tanto dolore cancella la fede?". Ma quando mai avrebbe potuto porre quell'interrogativo al Papa...
    Una sirena annunciò l'arrivo del corteo, non c'era cerimoniale, si fece subito una gran confusione e Wojtyla restò imprigionato nella sua auto proprio davanti alla troupe televisiva. "Approfittai del trambusto - raccontò Piegari - e feci cenno al Papa di tirare giù il finestrino. Il vetro si abbassò lentamente, mi fu regalato un sorriso, ebbi un brivido nell'anima e, allungando il microfono, chiesi: 'Santità, tra tanti lutti, tra tanta sofferenza, la gente non prega più, perché?'".

    Un attimo interminabile di silenzio e poi la risposta: "Non è vero che non pregano più - disse Giovanni Paolo II - questa loro grande sofferenza è preghiera, qui stanno pregando con la sofferenza. A volte, quando il dolore è troppo forte, la gente perde il senso della parole, bisogna capirla e darle il tempo che lo ritrovi".

    Intorno alla macchina era tornata un po' di calma e un ufficiale dei carabinieri aprì la portiera e portò via il Papa al giornalista. "Non ci credevo, il Papa, in strada, aveva risposto ad una mia domanda. Avevo intervistato il Papa..", realizzò Piegari.
    "Non mollammo", ricordò Piegari, e la troupe percorse un tratto di strada, tra le macerie, accanto al Papa, profondamente turbato dalle scene apocalittiche che aveva davanti agli occhi. Nella piazza di Balvano un tavolino traballante fu il pulpito.

    "Il Papa - raccontò Piegari - mi chiese la mano per aiutarlo a salire. Mi regalò un altro sorriso. In quegli attimi si era stabilito un rapporto solidale di affetto e simpatia". Da quel tavolino Giovanni Paolo II impartì la benedizione. Poi disse alcune parole e negli occhi della gente tornarono ancora le lacrime, quelle poche che erano rimaste. "Ad un tratto - ricordò il giornalista - il Papa, guardandomi, ritornò su quel breve dialogo al microfono: 'Qualcuno mi ha detto che dopo tanto dolore non pregate più. E finì il suo discorso su come la sofferenza è preghiera. Scese dal tavolino del bar tra i superstiti, alzò gli occhi verso il castello distrutto, abbracciò tanta gente ed andò via con il sorriso ed il mantello bianco sporco di polvere". 

I numeri del terremoto in Irpinia: magnitudo 6.9, oltre 2500 morti Interi comuni rasi al suolo, oltre 300 mila sfollati


 Il terremoto che 40 anni fa, il 23 novembre 1980, alle ore 19.34 circa, colpì l'Irpinia, la Basilicata e una limitata area della Puglia, ebbe una magnitudo di 6.9 (pari a circa il decimo grado della scala Mercalli) e - secondo le stime più accreditate - causò 2.570 morti (2.914, secondo altre fonti), 8.848 feriti e circa 300 mila senzatetto.Alcuni comuni vicini all'epicentro - tra i quali Sant'Angelo dei Lombardi, Lioni, Conza della Campania, Castelnuovo di Conza, Santomenna, Laviano, Muro Lucano - furono quasi rasi al suolo, altri gravemente danneggiati.La frattura generata nel sottosuolo dal sisma raggiunse la superficie terrestre generando una scarpata di faglia visibile per circa 38 chilometri. Dei 679 comuni delle otto province interessate dal sisma (Avellino, Benevento, Caserta, Matera, Napoli, Potenza, Salerno e Foggia), 506 (il 74%) ebbero danni da disastrosi a lievi. Le tre province maggiormente colpite furono quelle di Avellino (103 comuni), Salerno (66) e Potenza (45).Trentasei comuni dell'area epicentrale ebbero circa 20.000 alloggi distrutti o irrecuperabili. In 244 comuni (non epicentrali) delle province di Avellino, Benevento, Caserta, Matera, Foggia, Napoli, Potenza e Salerno, altri 50.000 alloggi subirono danni da gravissimi a medio-gravi. Ulteriori 30.000 alloggi lo furono in maniera lieve.



lunedì 16 novembre 2020

Covid: Moderna annuncia vaccino 'efficace al 94.5%'. Fauci: 'Dati straordinari' La conservazione 'a temperature standard'. Anche il vaccino Janssen nella fase 3 della sperimentazione


 Il candidato vaccino anti-Covid messo a punto dall'azienda statunitense Moderna è efficace al 94,5%. L'annuncio è arrivato dalla stessa azienda, accendendo l'entusiasmo delle Borse. Un annuncio che segue quello di pochi giorni fa del colosso Pfizer, il cui vaccino si sarebbe dimostrato invece efficace al 90%. I dati di Moderna "sono straordinari, un'efficacia al 94.5% è impressionante. Ora, dopo i risultati simili annunciati la scorsa settimana sull'altro vaccino della Pfizer, possiamo prevedere finalmente un impatto sulla pandemia. E' un grosso passo avanti", ha commentato Anthony Fauci, immunologo e direttore dell'Istituto Nazionale Malattie Infettive Usa (Niaid), che ha collaborato allo studio sul candidato vaccino. "Prevediamo - ha quindi annunciato - dosi di entrambi i vaccini a fine dicembre per le categorie ad alto rischio". Vari candidati vaccini sembrano dunque avvicinarsi sempre più al traguardo, anche se le sperimentazioni non sono ancora concluse. E l'Europa anticipa i tempi attraverso accordi con diverse aziende al fine garantire un adeguato approvvigionamento.

"Domani autorizziamo un nuovo contratto con Curevac per il vaccino contro il Covid-19, che ci permetterà di assicurarci fino a 405 milioni di dosi. Questo è il quinto contratto per il nostro portafogli di vaccini e stiamo lavorando ad un sesto con Moderna", ha annunciato la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. In questa fase, ha precisato, "non sappiamo ancora quale vaccino si rivelerà efficace. L'Ema li autorizzerà solo dopo una valutazione attenta ed è per questo motivo che abbiamo bisogno di un portafogli di vaccini ampio e basato su tecnologie diverse". Ogni Stato membro, ha inoltre assicurato, "riceverà il vaccino allo stesso tempo, su base percentuale, e alle stesse condizioni". Lo studio COVE per il vaccino mRNA-1273 di Moderna ha arruolato 30mila partecipanti e sono state somministrate al campione due dosi. La prima analisi preliminare ha visto 95 partecipanti con casi confermati di Covid-19. Di questi, 90 facevano parte del gruppo cui è stato dato un placebo e 5 nel gruppo cui è stato somministrato il vaccino.

Moderna intende ora presentare una richiesta d'autorizzazione all'uso per emergenza all'ente statunitense per il controllo dei farmaci Fda. Questa analisi preliminare "positiva del nostro studio di Fase 3 ci ha dato la prima conferma clinica che il nostro vaccino può prevenire Covid-19, incluse le forme gravi", ha dichiarato Stéphane Bancel, ad di Moderna. Il vaccino mRNA-1273 presenta anche facilità di distribuzione e stoccaggio dal momento che per la sua conservazione non sono necessarie temperature troppo basse. Rimane infatti stabile a temperature standard di refrigerazione tra 2° e 8° C per 30 giorni, e si prevedono condizioni di trasporto e conservazione a lungo termine a temperature standard da congelatore di -20° C per 6 mesi. L'azienda prevede di disporre di circa 20 milioni di dosi entro la fine del 2020 da destinare agli Usa e fa sapere di essere "sulla buona strada" per la produzione totale di 500 milioni-1 miliardo di dosi nel 2021.

domenica 15 novembre 2020

Covid in Italia già da settembre 2019, lo dice uno studio dell'Istituto dei tumori di Milano Trovati anticorpi in un gruppo di screening per il tumore al polmone

 

Il virus SarsCov2 circolava in Italia già a settembre 2019, dunque ben prima di quanto si pensato finora. La conferma arriva da uno studio dell'Istituto dei tumori di Milano e dell'università di Siena, che ha come primo firmatario il direttore scientifico Giovanni Apolone, pubblicato sulla rivista Tumori Journal.

Analizzando i campioni di 959 persone, tutte asintomatiche, che avevano partecipato agli screening per il tumore al polmone tra settembre 2019 e marzo 2020, l'11,6% (111 su 959) di queste persone aveva gli anticorpi al coronavirus, di cui il 14% già a settembre, il 30% nella seconda settimana di febbraio 2020, e il maggior numero (53,2%) in Lombardia. 
 

40 anni sisma Irpinia, una ricostruzione infinita Quasi 3000 morti. Case recuperate, su industrie mani sciacalli

  

Cassano Irpino 15 NOV - Paesi bellissimi e suggestivi rasi al suolo, una tragedia umana enorme segnata da quasi tremila morti, più di ottomila feriti e 300mila senzatetto: sono passati 40 anni da quel terribile terremoto di magnitudo 6.9 che alle 19.34 del 23 novembre 1980 colpì la Campania e la Basilicata, lasciandole profondamente martoriate. Simbolo di quella tragedia restano il crollo della Chiesa Madre di Balvano (Potenza) ) che seppellì 66 persone, per la maggior parte bambini e la chiesa madre di Sant'Angelo dei Lombardi (Avellino

Oggi in quei territori la ricostruzione è quasi completata, ma la ricorrenza del 40/o anniversario restituisce ricordi drammatici. Non solo per i lutti e le rovine, ma anche per i ritardi nei soccorsi, per l'esasperante lentezza che ha accompagnato il processo di ricostruzione delle case, per le ruberie di tanti sciacalli, che hanno allungato le mani sulle ingentissime risorse stanziate dallo Stato - oltre 50mila miliardi di lire - ridimensionando ai minimi termini il futuro di sviluppo industriale che era stato disegnato per quelle aree. Nella foto sopra Cattedrale Sant'Angelo dei Lombardi.

venerdì 13 novembre 2020

La Campania e la Toscana sono diventate 'zona rossa'. De Luca: 'Governo vada a casa' La Campania e la Toscana sono diventate 'zona rossa'. De Luca: 'Governo vada a casa' Ed Emilia Romagna, Friuli e Marche sono 'zona arancione'. Il ministro della Salute Roberto Speranza firmerà stasera l'ordinanza

 La Campania e la Toscana sono diventate 'zona rossa'. Il Ministro della Salute Roberto Speranza firmerà in serata una nuova ordinanza che andrà in vigore a partire da domenica 15 Novembre. Passano in area rossa le regioni Campania e Toscana e in area arancione le regioni Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Marche.

CAMPANIA - "Noi eravamo per chiudere tutto ad ottobre, per un mese, per avere una operazione di fermo del contagio e che ci avrebbe fatto stare tranquilli a Natale.

Da sempre abbiamo avuto una linea di rigore più degli altri, da soli. Il Governo ha fatto un'altra scelta, ha deciso di fare iniziative progressive, di prendere provvedimenti sminuzzati, facendo la scelta della cosiddetta risposta proporzionale, più aumenta contagio più prendiamo provvedimenti. Una scelta totalmente sbagliata, perché il contagio non aumenta in modo lineare, ma esponenziale". Così il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, in diretta Fb. "Questa scelta del Governo - aggiunge - ha fatto perdere due mesi preziosi, nel corso dei quali abbiamo avuto un incremento drammatico di contagi e decessi". Definisce una "scelta scriteriata la divisione in zone dell'Italia". E torna a parlare della scuola: "Hanno deciso che bisognava tenerle aperte. Ricordate le dichiarazioni della Azzolina supportate dal presidente del Consiglio. Ora hanno fatto ciò che noi abbiamo fatto un mese fa e nessuno ha chiesto scusa".  "Fatti salvi 3-4 ministri non è un governo, anziché andare allo sbaraglio sarebbe meglio avere un Governo che non produca il caos che è stato prodotto in Italia. In queste condizioni meglio mandare a casa il Governo", rincara la dose De Luca, in diretta Fb. "Se bisogna stare al governo con questi personaggi sarebbe meglio mandare a casa questo governo - ha sottolineato - perchè non è tollerabile, ho detto a qualche esponente del Pd, alcun rapporto di collaborazione con ministri come Spadafora che ha raccontato bestialità o con il signore di cui ho fatto il nome (Luigi Di Maio, ndr) che ho sfidato ad un dibattitto pubblico già anni fa e rinnovo l'invito in diretta tv sperando che non faccia il coniglio come ha fatto nei 3-4 anni precedenti". 'Ora mi sento fortemente di chiedere al Governo, così come ho chiesto al presidente del Consiglio in una lettera indirizzata qualche giorno fa, ristori economici immediati perchè la città non può pagare sulla propria pelle una zona rossa che, se ci fosse stato sul piano sanitario un lavoro diverso nei mesi successivi al lockdown, poteva essere evitata''. Così il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, in un video su facebook appresa la notizia che la Campania è zona rossa.